LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE ALLE FORNACI
La chiesa di Santa Maria delle Grazie alle Fornaci, sorta per la grande devozione verso la Madonna delle Grazie, è un'interessante chiesa settecentesca da inserire tra quelle che svilupparono un gusto semplice e funzionale, caratterizzato da decorazioni "rococò".
La posa della prima pietra risale al 1694.
L'esterno e l'abside non sono stati perfezionati, forse per lasciare in vista i mattoni provenienti dalle vicine fornaci che davano il nome alla chiesa.
Si tratta di una edificio sacro del 17OO, allora suburbano, con interessanti caratteristiche, unico monumento del quartiere.
La chiesa abbastanza imponente, è situata su un'alta zona di basamento con scala d'accesso a doppia rampa, insolita per Roma.
LA FACCIATA
Si ritiene che la facciata, come anche la chiesa, sia opera di FRANCESCO MULTO' che operava nella sfera del Raguzzini, architetto beneventano apprezzato dal papa regnante Benedetto XIII.
Eretta intorno al 1735, riflette l'incertezza stilistica dovuta alla crisi del linguaggio barocco agli inizi del 17OO. Roma vantava il trionfo del barocco, ma anche la rivoluzione borrominiana, e si avviava verso il rococò, alternativa che generava delle incertezze. In questa facciata rimane irrisolto il contrasto tra il vecchio e il nuovo, ne viene tentata una fusione con sovrapposizione di motivi decorativi "rococò" di diretta discendenza borrominiana. E' evidente la derivazione dall'oratorio
dei Filippini di Francesco Borromini: due ordini sovrapposti contrassegnati da un cornicione, scanditi da lesene; tipico il timpano flesso nelle nicchie del primo ordine e le cornici delle nicchie superiori, i capitelli e il grande coronamento curvilineo. La facciata però è piatta, ben diversa dalla modulazione della facciata concava dell'oratorio borrominiano. E' anche vero che questa facciata era condizionata dall'alto podio della chiesa e dalla scalinata.
Sulla scalinata d'accesso una lapide ricorda la fondazione del Collegio Apostolico per le Missioni, 1721.
Il portale è sormontato da un bel rilievo, tipo stemma araldico che raffigura la liberazione degli schiavi, finalità originaria dell'Ordine Trinitario.
L'alto timpano nasconde il tiburio poligonale che doveva racchiudere la cupola ( non innalzata).
IL CAMPANILE
Il campanile fu creduto opera del '700 (i primi due ordini), ma è stato iniziato nel 192O dall'Arch. PRIORI con un generico carattere borrominiano, ispirato ai motivi della facciata. Dopo una interruzione di una trentina d'anni, è stato completato nel 1951-52. Con la sua mole si accosta un po' massicciamente all'abside esterna e all'antico campaniletto a vela. E' espressione del gusto in voga nel primo quarto di questo secolo, come si nota anche nel palazzo di fronte la chiesa.
INTERNO
L'interno della chiesa si presenta alquanto solenne, a pianta centrale (croce greca), un blocco unitario che avrebbe dovuto essere concluso dalla cupola mai realizzata.
Tale schema voleva rispettare l'originale cappella ottagona lignea che a sua volta aveva sostituito la celletta che ospitava il quadro veneratissimo della Madonna delle Fornaci. Vi si trovano un'abside
profonda, sette altari, quattro cappelle inserite agli angoli dei bracci con essi comunicanti, a formare due ideali navate laterali.
Se l'impianto potrebbe dirsi cinquecentesco, sono barocche, secondo i canoni settecenteschi, le particolarità decorative, non eccessive e di buon gusto: le teste dei cherubini sulla chiave degli arconi, il bel festone floreale di stucco nel sottarco della cappella Asnaghi, i motivi alla base dei costoloni e dei peducci, elementi desunti direttamente dal Borromini e in particolare dall'interno di San Giovanni in Laterano.
Sono originalissime le "mostre" sopra le porte laterali delle cappelle.
Le tele ad olio che si trovano in questa chiesa sono state quasi tutte commissionate nel '7OO a pittori romani considerati tra i migliori in quel periodo.
LA CUPOLA - LA CANTORIA
La cupola, mai realizzata, presenta il cerchio del tamburo su cui poggia una calotta semisferica chiusa che all'esterno viene nascosta dal tiburio poligonale. Nei peducci sono raffigurate coppie di angeli musicanti, pittura moderna di stile liberty, dalle tinte delicate e sfumate.
Nella retrofacciata recentemente è stata collocata una grande cantoria.
CAPPELLA DI SAN GIOVANNI NEPOMUCENO, OGGI DEL BATTISTERO
Questa cappella, quando nel 185O la chiesa divenne parrocchia, fu trasformata in battistero. Il fonte battesimale, collocato nel 19O2 al posto dell'altare, proveniva dalla distrutta parrocchia di San Michele Arcangelo (rasa al suolo nel 1849 ad opera dei soldati di Napoleone.
L'artistico fonte battesimale, con coppa di bardiglio, ha una elegantissima linea settecentesca. E' sormontato da una snella copertura di legno intagliato dorato e dipinto, di fine esecuzione, proveniente da Santa Maria della Luce in Trastevere.
L'altare è stato tolto; rimane la splendida mostra, sempre di derivazione borrominiana, in laterizio intonacato di chiaro, composta da un basamento concavo e da una parte alta con architrave convessa sorretta da colonne, sormontata da un timpano flesso e spezzato.
Gli stucchi nei peducci del cupolino (fasci di palme) e le teste dei cherubini sulle cornici laterali fanno parte di quel repertorio borrominiano molto impiegato nella chiesa.
La pala è una tela ad olio il cui autore non è menzionato e raffigura San Giovanni Nepomuceno, un santo non trinitario, ma "in voga" nel '7OO, essendo stato santificato in quell'epoca.
Interessanti le opere laterali che rappresentano episodi della vita del santo a cui è dedicata la cappella. Sono opere di FRANCESCO SCARAMUCCIA, un pittore del '7OO (sulla scia della corrente del Carracci).
Nei quadri spicca una tonalità molto luminosa che crea una leggera atmosfera.
ALTARE DELLA SANTISSIMA TRINITA'
L'altare del transetto destro è molto monumentale e di impianto barocco. E' dedicato alla SS. Trinità e ai Santi fondatori dell'Ordine della SS. Trinità, San Giovanni de Matha e San Felice di Valois (anacoreta, collaboratore di S. Giovanni De Matha).
Anche questo altare è in muratura intonacata, con colonne dipinte a finto marmo. Sopra un'alta cornice dal timpano spezzato, poggiano due angeli in stucco e gesso.
La pala ad olio, inserita in una cornice floreale, è opera accademica di ONOFRIO AVELLINO, allievo della scuola napoletana di Luca Giordano e del Solimena. Il disegno è preciso, accurato,
gli atteggiamenti studiati, i colori molto accesi e molto affollata l'intera composizione.